Testo. La scelta del racconto è la prima tappa. Interiore. Che sia un monologo, una favola, una lettera, una storia, un saggio o quantaltro, il narratore ci legge prima di tutto se stesso. Ne viene attratto. Ha il bisogno e lurgenza di darne testimonianza.
Memoria. Mettere a mente il testo. Così, come lelenco del telefono. Senza pregiudizi. Senza toni. Cioè, nessuna recitazione.
Tecnica. Con luso del metronomo e di una respirazione narrativa, chi racconta si proietta verso lesterno, la sua concentrazione è verso lesterno, costruisce davanti a sé il set cinematografico dove viene girata la sua storia. E nei suoi occhi che avviene la proiezione del film.
Flusso. Ecco la parte imponderabile del lavoro. Ciò che potrebbe succedere oppure no. Il volo. Entrato, o meglio, abbandonatosi al flusso (fiume che scorre), il narratore diventa qualcosa, si trasforma.
Guida. Da fuori, in ascolto, seguiamo. Ci sono giochi che intervengono, affiancandosi al lavoro. Giochi che sostituiscono, a volte, le parole con lo scopo di collocare meglio lattenzione di chi racconta. In generale, guidiamo delicatamente cercando gli stimoli lì per lì. Gli imput intuitivamente più giusti per ogni narratore.
Caratteristiche del laboratorio:
Stage di 7/10 giorni per attori e non attori
Molta della drammaturgia contemporanea si configura come racconto: monologhi, orazioni civili, testimonianze, storie intrecciate.
Tecnica e allenamento attoriale per entrare nel flusso narrativo e farvi entrare chi ascolta.
Il modello di lavoro proviene da Carlo Cecchi e Valerio Binasco.
Seminari tenuti da Nicola Pannelli, Carlo Orlando, Eva Cambiale, Raffaella Tagliabue, Elena Dragonetti. |