"ANTIGONE" di Sofocle
con Elena Dragonetti, Biagio Forestieri, Emanuela Guaiana, Carlo Orlando, Nicola Pannelli, Andrea Pierdicca, Franco Ravera, Marco Taddei, Raffaella Tagliabue.
Regia Carlo Orlando e Nicola Pannelli
Scene e costumi Laura Benzi - Disegno Luci Giovancosimo Divittorio
Organizzazione Lisa Raffaghello - Produzione Narramondo Teatro
Con il contributo di Fondazione CR di Volterra e Comune di Rocca Grimalda

Rassegna Stampa ANTIGONE ripresa 2008:
IL SECOLO XIX Presentazione I Recensione
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"Tutte le città sono sconvolte dall'odio perchè i resti umani sono sepolti da cani e fiere e uccelli che ne trasportano il fetore fino nel cuore delle città" (Tiresia, 1080-1082)
"La visione di Tiresia (di Sofocle) dell'inversione del mondo dei vivi e del mondo dei morti, ha acquisito per noi, oggi, una straordinaria attualità. E' la lucida descrizione di un pianeta dove massacri e guerre nucleari hanno lasciato un numero infinito di morti insepolti, dove i vivi attendono la fine nel buio di rifugi sotterranei..." ("Le Antigoni", George Stainer)


Durante la seconda guerra mondiale, in Russia, un soldato arriva in un villaggio distrutto. Vede una donna inginocchiata accanto ad un cadavere che si strappa i capelli, piange e cosparge il corpo di polvere. Le chiede perchè lo fa. Lei risponde "E' mio fratello. Non basta?"
Ancora. Sempre durante la seconda guerra mondiale, in Grecia, il villaggio di Kalavrita, viene raso al suolo dai nazisti e la popolazione maschile trucidata.
Le donne del villaggio scappano dalla scuola dove erano state rinchiuse e , violando le direttive del comando tedesco e rischiando di finire impiccate, corrono in massa a piangere e a seppellire i compagni morti. Saranno ricordate come "Le mille Antigoni". Antigone ritorna. Ritorna sempre, anche oggi, ai nostri giorni. Ritorna nelle nostre città ancora sconvolte dall'odio. Ritorna quando, in nome di leggi non scritte, ci si ribella ad un potere sordo e feroce che calpesta la nostra pietà, il nostro senso di umanità e giustizia. Antigone o "della disubbedienza". Così, la sventurata figlia di Edipo è arrivata a noi. Quel conflitto non negoziabile e irrisovibile tra l' IO e lo Stato, tra l'individuo e la società, raccontato da Sofocle, ci parla fin troppo chiaramente del nostro presente e di quei luoghi, lontani solo geograficamente, dove il potere si manifesta nelle sue forme più oppressive. Portare in scena le ferite del tempo presente. Questo è l'obbiettivo della nostra associazione. Fino ad oggi lo abbiamo fatto attraverso la drammaturgia contemporanea e la narrazione pura e semplice, senza artifici. Ora abbiamo deciso di confrontarci con il mito e la tragedia classica, di parlare dell'oggi attraverso il mito e la tragedia. Lo faremo cercando di reinventare la nostra arte, evitando di proporre banali attualizzazioni o fredde citazioni di un modello classico. La tragedia antica pone problemi interpretativi e di regia enormi. Chiede una ricerca continuia e instancabile. Partiremo da questo presupposto per creare uno spettacolo semplice, diretto, scarno. Uno spettacolo non di regia ma di attori che continuamente interrogano il testo, interrogano la propria arte e la propria necessità di testimoniare la tragedia oggi. Una grande occasione, per noi attori di avvicinarci, almeno un po', a quello che con tanto timore chiamiamo Teatro Sacro, e per gli spettatori di assistere, almeno speriamo, ad una rappresentazione che, senza grandi nomi, e senza le traveggole di certa avanguardia, sia semplicemente da filtro puro e lucido di un mito e di un'opera che è stata definita " la più perfetta opera d'arte concepita dallo spirito umano". Riuscissimo a fare "solo" questo, sarebbe già molto. (Carlo Orlando)
 
     


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